Malinverno by Fabio Lubrano

Malinverno by Fabio Lubrano

autore:Fabio Lubrano [Lubrano, Fabio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Literary
ISBN: 9788889831328
Google: uRNJAwAAQBAJ
editore: Zandegù
pubblicato: 2013-10-14T07:42:12+00:00


20.

Andò avanti a scrivere fino all’ora di cena. Non aveva fame e anche se l’avesse avuta non aveva voglia di prepararsi il solito menu. Aveva voglia di vedere Venere.

Scrivere non l’aveva distratto: il pensiero di Venere gli era restato nella testa come il sapore di un cibo che rimane anche mangiando qualcos’altro. Per di più, mentre scriveva, aveva avvertito la sgradevole sensazione di avere se stesso dietro le spalle, che spiava quello che stava scrivendo e che scuoteva il capo ridacchiando.

Le avrebbe telefonato. Sigaretta nella mano sinistra (anche se non fumava) e cornetta del telefono nella mano destra (anche se era mancino), Gianni fece per comporre il suo numero.

Riabbassò la cornetta, desolato. Non aveva avuto il coraggio di chiederle il telefono. Decise che se non si ha coraggio, l’unica è far finta di averlo, e così uscì di casa per andarle a citofonare. Fuori era già buio. I soliti passanti con i soliti pacchettini di Natale in mano facevano temere che il tempo si fosse fermato allo stesso giorno, o che i passanti fossero automi, o che Gianni fosse diventato paranoico. Pure il portone di Venere era identico a quello del giorno prima. Alzò il braccio a compiere il gesto più temerario della sua vita.

Riabbassò il braccio, desolato. Non conosceva nemmeno il suo cognome. Dal palazzo arrivavano rumori di televisori accesi che trasmettevano pubblicità in cui svelavano che delle emorroidi non bisogna avere vergogna, i rumori di posate che sbattevano sui piatti, i Luca se non finisci non vedi i cartoni, i cara adesso però basta, telefoni che squillavano, gente che andava addirittura a rispondere e radio accese in cui digei credevano di risultare gradevoli cantando sopra alle canzoni che andavano in onda. Bisognava essere eroi, bisognava gridare. Raccolse il fiato necessario a quell’operazione e:

«VENERE!» gridò.

Rumore di tapparella che viene abbassata.

«VENEREEE!!»

Rumore di tapparella che viene abbassata completamente.

«VENEREEEEEEE!!!!»

Rumore di tapparella che viene alzata e di finestra che viene aperta. Un volto massiccio e accalorato comparve al quinto piano.

«E allora, giovane» urlò, «e finiamola, e stiamo mangiando, e abbiamo lavorato tutto il giorno, e ci lasci in pace, e sia un po’ educato, puttana minchia.»

Altre finestre vennero aperte e altre voci si aggiunsero alla prima, gridando inizialmente tutte assieme che e basta, e abbiamo lavorato tutto il giorno noi, e mica come lei, poi si differenziarono e ognuno urlò le proprie ipotesi sulle preferenze sessuali del giovanotto, non mancando di estenderle all’intero suo albero genealogico.

Tuttavia, Gianni non poteva tornare a casa. Piuttosto si sarebbe sdraiato sul marciapiede e l’avrebbe aspettata fino a quando fosse uscita il mattino successivo.

Per il momento, si limitò a sedersi sul marciapiede. Poco dopo, gli occhi nascosti della nuca, lo informarono che Venere stava uscendo dal portone. Si alzò di scatto per andarle incontro, ma gli occhi manifesti della faccia aggiunsero che non era sola. Quello che la accompagnava doveva essere il fidanzato di cui gli aveva parlato. Gianni lo osservò: era un omino di un metro e novanta con muscoli che dovevano pesare almeno quanto l’intero arredamento di casa sua.



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